La testimonianza di Mario Monicelli rilasciata a Franco Grattarola per il libro "La Tuscia nel cinema", realizzato e pubblicato nel 2008 dal Tuscia Film Fest.
La Tuscia è un territorio che non è stato assalito e modificato dal turismo, quindi è rimasto abbastanza rispettoso di quello che era, o che noi crediamo che era, cinque, dieci secoli fa. E infatti è così: ci sono i torrenti, i laghi, le abitazioni di grande respiro oppure miserabili.
Anche il paesaggio non è stato deformato molto, resiste ancora, e perciò si andava lì spesso a fare le cose che riguardavano i film storici.
Se poi non riguardavano film storici, ma film di oggi, di contadini, meglio ancora: la campagna nel viterbese è rimasta come era dieci o trent’anni fa.
Il medico e lo stregone l’abbiamo girato a San Martino al Cimino perché conoscevo bene il paese, mi ci avevano portato in vacanza, quand’ero bambino, negli anni ‘20. Nel film la casa di Mastroianni era a San Martino, quella di De Sica no, credo fosse sotto Viterbo o in un altro paese. E poi c’era la stazione, che si vede nella sequenza con Alberto Sordi, e che mi pare fosse sempre in un piccolo centro del viterbese, forse proprio a San Martino…
L’armata Brancaleone l’abbiamo girato, almeno il 60%, nel viterbese: a Canino, dove c’è un conventino abbandonato, però molto carino, che abbiamo tutto attrezzato per ambientarci una battaglia, a Vulci e a Oriolo Romano, in un palazzo principesco [palazzo Altieri]…
Nella piazza di Oriolo successivamente ho girato una scenetta di Speriamo che sia femmina.
Alcune sequenze di Viaggio con Anita le ho invece girate a Viterbo, dalle parti di quella che chiamavano “l’ammazzatora”, e nelle fenditure di una stradina, che sembra un canyon, lì vicino, dove ho girato anche la scena de L’Armata Brancaleone in cui Gassman e Catherine Spaak si calano con le funi.
La sequenza della demolizione della chiesa in Amici miei l’abbiamo girata a Calcata in un giorno. Siamo partiti la mattina da Firenze, con lo scenografo e gli attori, e siamo ritornati la sera. Il parroco di Calcata si è prestato a partecipare a questa scena.
"Questa Tuscia, di cui tanto vi riempite la bocca, si chiama Tuscia che saranno dieci anni: prima si chiamava il Viterbese"
Mario Monicelli (da un'intervista rilasciata al periodico Melting Pot il 1° maggio 2008)